La campagna elettorale in Sardegna sta entrando nel vivo (oddio, vivo è
una parola grossa, visto che in molti casi non abbiamo ancora visto i
programmi, noi cittadini normali), e nella molteplicità di problemi che ci
affliggono diventa difficile individuare il politico che meglio ci può
rappresentare.
La perfezione, è noto, non esiste anche se qualcuno pensa il
contrario; e così non ci sarà, presumibilmente, un partito o una coalizione
(che nel caso delle Regionali è incarnato dal candidat* presidente, al quale
per comodità mi rivolgo) che possano soddisfare TUTTI i nostri desiderata.
In realtà io credo che ognuno di noi abbia uno o più valori
fondamentali che desidera siano rispettati, o battaglie da portare avanti,
insomma dei punti fondamentali che faranno la differenza al momento della
scelta (appartenenze fideistiche e/o personali escluse, s’intende). Per alcuni
è l’ambiente e la tutela del territorio, tema scottante in Sardegna; per altri
è la valorizzazione della lingua e cultura sarda; per altri la concezione della
cultura e degli investimenti; o ancora, l’accentuazione della nostra autonomia
e/o sovranità rispetto allo Stato centrale.
Gli argomenti sono molti, tutti
molto importanti. Io mi sono chiesta quali sono i miei, e stringi stringi, in
questa occasione, si riassumono in un solo valore fondante della persona, che è
quello del (diritto al) lavoro.
Credo anche che ogni elettore (e ovviamente elettrice) potrebbe o
dovrebbe chiedere conto, o quantomeno osservare con attenzione, i competitors
per il suo voto quando trattano il tema a lui più caro. Farsi e fare una
domanda su questo tema, insomma, e considerare le risposte (o l’assenza di
risposte).
Ad esempio, la mia
domanda definitiva da cittadina elettrice (due cose comunque non
necessariamente coincidenti) è la seguente:
Come pensa
il/la candidat* presidente della Regione Sardegna di gestire il problema della
disoccupazione adulta, cioè over 35,
in Sardegna?
I motivi della mia domanda sono molteplici: anche se l’Istat ci ha fatto sapere ieri, a
proposito del novembre 2012, che la disoccupazione giovanile aumenta, noi
sappiamo bene che il problema è anche che il tasso di occupazione non aumenta,
cioè che la gente continua a non trovare lavoro:
Gli occupati a novembre sono 22 milioni 292mila, in diminuzione dello 0,2%
rispetto al mese precedente (-55mila) e del 2% su anno (-448mila). Il tasso di
occupazione è al 55,4%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali su ottobre e di
un punto rispetto a novembre 2012.
Il numero dei
disoccupati è pari a 3 milioni 254mila, tra i 15-24enni sono 659 mila (un
giovane su dieci).
Il dato interessante è l’enorme risalto che la stampa e i
media danno ai “giovani”, cioè, per convenzione, a questa fascia d’eta, 15-24,
nella quale le persone dovrebbero essere a scuola come minimo, e possibilmente
anche all’Università (altrimenti qualcosa non quadra con le contemporanee
lamentazioni a proposito della dispersione scolastica e della scarsa competitività
rispetto all’Europa). E’ una questione di marketing, come lo sono, a fasi
alterne, le eccellenze.
Fantastica
parola che evoca un sistema darwiniano
in cui solo i migliori sopravvivono; di più, in cui soltanto i migliori (a
seconda del trend del momento) hanno dignità e diritto di essere considerati e
supportati. Gli ultracervelli in fuga, insomma (ma sappiamo che a scappare sono
in tanti, e non solo “ultra”), oppure gli imprenditori virtuosi in settori di
supernicchia (che numericamente, ahimè, non cambiano le sorti di un Paese).
I cervelli
normali, com’è noto, sono di più, in maggior numero; ma s’attaccano al tram,
visto che l’Italia e la Sardegna continuano ad oscillare tra il provincialismo
intellettuale (per cui la priorità è valorizzare, che so, il ricercatore
scientifico con otto master e duecento specializzazioni che non si sa bene come
far lavorare in una regione come la nostra) e il paternalismo a largo raggio
(secondo il quale basta un tirocinio o un sussidio una tantum allargato a chiunque per calmare gli animi nella guerra
tra poveri che è diventata la ricerca di lavoro).
Ma il
problema, oltre e aldilà degli ultracervelli e delle strategie di marketing
politico (non bisogna essere fini politologi per capire che di questi tempi
occorrono alcuni banali elementi per competere: perfino io posso dare 5
consigli non richiesti), rimane quello del lavoro.
Il lavoro di molti, se non di tutti.
E’ per questi
motivi (oltre che per la mia esperienza personale, amicale e della realtà) che su
questo tema si è formata la mia domanda definitiva, fondamentale per decidere
se e chi voterò.
Forse giova ricordare che in Sardegna, nel 2011, i giovani disoccupati erano 21mila, quelli
maggiori di 25 anni 73mila e 43 mila con più di 35 anni (Rapporto sul Mercato del Lavoro in Sardegna 2012). La disoccupazione di
lunga durata, che da noi rappresenta il 52,7% del
totale dei disoccupati del 2011 (anno del Rapporto Istat Noi Italia), colpisce ancora una volta maggiormente le classi di età più elevate.
Stiamo leggendo, cioè, che in Sardegna i disoccupati con più di 35 anni sono il
doppio dei 15-24 enni; e che oltre la metà di chi
è dis-occupato lo è da più di un anno.
Ecco perché le eccellenze vanno benissimo, la
preoccupazione per i giovani (sedicenni?) anche, ma anche il motivo per cui la
mia domanda riguarda la maggioranza dei sardi adulti. Non necessariamente eccellenti, non per
disperazione imprenditori (mi aveva molto colpito, tempo
fa, la discrepanza fra questi dati: In Francia e Germania i lavoratori
autonomi (self employed person) rappresentano oggi l’11% degli occupati totali,
nel Regno Unito sono il 14%, in Italia il 24 e in Sardegna (dove la dimensione
media di impresa è di tre addetti) sfiorano il 28 per cento. Però, nel 2011, su
quasi tre milioni di persone in cerca di lavoro soltanto 57mila, cioè meno del
3%, dichiaravano di essere interessati a un lavoro in proprio.).
Manca poco più di un mese, aspetto la risposta di
ognuno o almeno qualcuno dei candidat*. stay tuned!
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