In
Sardegna le elezioni regionali sono fissate per il 16 febbraio 2014, dunque tra
sei settimane scarse. La situazione generale è riassunta in questo post, ma va
aggiornata con la singolare situazione del centrosinistra che si ritrova senza
candidata, perché Francesca Barracciu si è ritirata obtorto collo
pronunciando parole dure contro i “capibastone” che l’hanno messa all’angolo.
Lasciando da parte le valutazioni per così dire “di merito” sulla tempistica e
anche l’elemento oggettivo della necessaria
purezza giudiziaria assoluta, mi
sento di rivolgere qualche consiglio non richiesto ai prossimi candidati, nelle
liste e al posto al vertice.
Non
perché io sia una espertona, anzi: sono solo una che vagamente si interessa di
cosa succede nel mondo. Ma la mia nota allergia agli integralismi e il fatto
che non abbia sperimentato l’esperienza della militanza politica mi rende
delicata e sensibile a certe cose incredibili che vedo circolare in Rete e sui
media, così palesemente sbagliate che mi chiedo perché Tizio o Caia abbiano
pensato di utilizzarli.
Intanto,
perché la “purezza assoluta”? perché i candidati debbono essere “intonsi” a
livello civile, penale, amministrativo, e questo non solo perché ne abbiamo tutti
abbastanza, ma anche perché semplicemente l’elettore non ha tempo né voglia di
capire la differenza tra un avviso di garanzia, un rinvio a giudizio o chissà
cosa. Tantomeno in sei settimane. E soprattutto non è il suo lavoro.
Vale
per tutti: chi mira alla riconferma conta soprattutto su un elettorato
“fidelizzato”, che nei casi estremi lo voterebbe anche se fosse Jack lo
Squartatore, oppure si riconosce in quell’area per questioni di militanza, fede
sincera, favori e/o clientelismo, gratitudine eterna, avversione per l’opposto
schieramento e in ogni caso è disposto a soprassedere su questioncine di poco
conto come, ad esempio, la gestione impropria dei fondi pubblici. Ma i tempi sono in certi, l'astensionismo di certo sarà corposo, gli indecisi aumentano.
Superato
lo scoglio della purezza, cosa potrebbe fare o non dovrebbe fare l’amico/a candidato/a?
e magari, nel migliore dei mondi possibili, anche i suoi sostenitori, spesso
pesanti più di lui/lei? Ma giusto per non farmi soffrire, per non farmi
“pestare le dita” (cit.) nel tentativo di trattenermi dal criticare, io che ho
sempre questa tendenza.
1.
Non deve insultare gli avversari. Criticarli sì, anche duramente, ma
senza riferimenti all’aspetto fisico, al look, in generale all’aspetto
esteriore. Bandito ogni riferimento a come ci si veste, quanto si pesa, se si è
brutti o belli, eleganti o meno, e cose così. Mi fa subito venire voglia di
rimuovere dai miei contatti chi posta queste scemenze, talvolta perfino
violente, comunque sempre segno di nervosismo e debolezza (sul buon gusto ci
abbiamo messo una lapide da tempo, e si sa che poi sono difficili da sollevare,
le lapidi). Ho letto anche di metafore sessuali che volevano essere molto letterarie
e brillanti, e purtroppo sono solo
gagge.
2.
Attenzione al voler sembrare “normali” a tutti i costi. La fotografia
dell’ex candidata PD mentre fa i piatti è un esempio che rimarrà nella storia
per l’effetto “sbertuccia mento” che si è portato dietro. Così anche l’immagine
del presidente uscente che fa “il cameriere” per il compleanno della figlia
voleva essere una simpatica “americanata”, ma ha dato luogo a pesanti ironie.
Ramazzare per terra durante l’alluvione poteva essere una buona idea, ma gli
stivali erano sbagliati.
Le intenzioni erano buone, ma il risultato finto in tutti i casi. Questo perché
una persona, se è professionista della politica, di solito non ha una
vita normale: non fa i piatti, non serve l’aranciata alla festa dei figli, e
magari li aiuta i vicini di casa, ma il suo gesto si perde nel marasma del
momento.
La normalità è fatta di tante cose, non va ridicolizzata o ridotta a
“figurina” con i soliti stereotipi casalinghi. Meglio un bel pranzo in famiglia
o con i collaboratori, se proprio proprio.
3.
Collegato al punto precedente, c’è il fatto degli scleri personali. Mettersi
a parlare d’amore, per esempio, può divertire me che mi appassiono alle
trasformazioni delle persone ad opera dei social network, ma conto meno del due
di picche. L’elettore non capisce perché quel candidato debba esternare la sua
passione politica attraverso metafore sentimentali, dichiararsi capace di amare
“molto e in profondità” suscitando inquietudini ambosessi, avventurandosi in
battute di spirito, in sostanza: autocelebrando il privato. Ma anche no,
grazie! La riservatezza non è freddezza: anche qui, è normalità, questa
sconosciuta. Però, siccome va anche mostrato che il candidato/a è “uno di noi”,
potrebbero andare bene la famiglia (col contagocce), lo sport, gli animali
senza esagerare, la lettura non accademica.
4.
Tenere al guinzaglio i supporters più invasati. Il sostegno va
benissimo, ovviamente, e fa audience e popolarità, ma occhio alle sciocchezze adoranti, alle
professioni di fede assoluta, agli attacchi agli avversari, all’imperversare
sugli spazi virtuali (quindi reali) altrui. Si chiama violazione della privacy,
molestia, e rovina immediatamente la reputazione del candidato che ha la sfiga
di raccogliere questo tipo di consenso.
5.
La questione di genere. Comincia a farsi strada la sorprendente
consapevolezza che le donne in politica esistono, e vivono perfino di vita
propria, qualche volta. L’argomento è spinoso, perché suscettibile di equivoci
(io la penso così).
Diciamo che invocare il voto a una donna in quanto tale
aliena immediatamente le simpatie di chi è sufficientemente evoluto sulle
questioni di genere, oltre a dare ragione a quelli che si fanno un vanto di non
essere “femministi”. La prospettiva di genere può essere un vantaggio in
termini di comunicazione se utilizzata correttamente per spiegare le questioni
importanti, quali ad es. la conciliazione dei tempi di vita-lavoro, il welfare
e i diritti della famiglia e dei bambini, l’occupazione femminile ecc. Ma
raccontare in chiave politica- femminista qualsiasi episodio, beh, indispettisce
parecchio l’elettorato attento a questi argomenti (gli altri semplicemente non
capiscono il senso, e giustamente).
Questi
sono solo alcuni consigli non richiesti, così per farmi dei nuovi amici.
Dell'identità sarda, che in queste elezioni avrà un ruolo fondamentale sostenuto anche dal quotidiano regionale più letto, ne ho scritto talmente tante volte che mi annoio da sola. Ma tant'è.
Prescindono dallo schieramento, dal candidato/a, perfino dai programmi
(quali?). Mi sembrano cose di una evidenza disarmante, o forse, come dicevo,
sarò diventata troppo sensibile, sarà l’età.
Mancano sei settimane, può
succedere di tutto: anche nella comunicazione politica. Perfino che spunti
qualcuno di normale.
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