Ieri sera Beppe Grillo, leader del
MoVimento 5 Stelle, ha concluso il suo Tsunami Tour in Sardegna, a Cagliari, in
piazza Paolo VI. Poiché come in ogni spettacolo (e la politica nostra è
spettacolo, anche se in replica) la prima cosa da verificare sono i numeri, che
di solito vengono discussi secondo il modello Organizzatori- Questura, solo che
in questo caso si tratta di Simpatizzanti M5S vs. Semplici Osservatori. La
semplice osservatrice, confortata da altri presenti, allibisce nel leggere di
25 mila o anche 15 mila persone, perché la situazione era molto tranquilla, per
nulla caotica come la immaginavo avendo letto dei numeri di Sassari (15mila
persone appunto). Potremmo dire che c’erano 8 mila persone (sono andata via
prima che finissero di parlare i candidati locali, perdendomi i discorsi sulle
scie chimiche, mi raccontano. Vabbè allora diciamo 9 mila?). La piazza era
piena, ma bastava spostarsi di qualche metro per passeggiare tranquilli, bersi
un birrino, farsi una passeggiata e contribuire al fatturato dei produttori del Torrone di Tonara.
Notevole che il dibattito si sia spostato
subito quasi esclusivamente sui numeri: vabbè, allora diciamo pure un milione e
facciamola finita, tanto quello che importa è la sostanza, …o no? Quella di
ieri è stata una occasione importante: perché prima di sentirlo dal vivo,
Grillo mi angosciava molto per la sua violenza verbale, perché non mi
capacitavo della fascinazione che esercita su molti, perché in sostanza non ne
condivido l’approccio alla realtà e soprattutto perché mi spaventa l’idea del lìder maximo in ogni sfumatura.
Devo adesso fare un appunto ai ragazzi del
Comitato Antifascista Cagliaritano che hanno esposto uno striscione con su
scritto “Grillo apre ai fascisti. Noi no”. Non è che Grillo “apre” ai fascisti.
E’ lui che lo è, fascista, nelle parole e nelle immagini che evoca: “Faremo un ‘politometro’
per verificare lo stato economico dei politici in entrata e in uscita…e se non
è congruo…confischeremo le ville, le barche, i loft, come ai mafiosi! E poi…”.
E poi che? Li appendiamo per i piedi?
Vabbè, si chiama populismo, no? E infatti
Grillo lo fa urlare dalla folla, credendo così di annullarne l’evidenza:
“populista! Demagogo!”.
I temi del
programma, alla fine, li ha tirati fuori, dopo un lungo preambolo in cui ha
spiegato perché non si devono votare gli altri. Ho sentito con le mie orecchie
una ragazza sbottare “ma mi deve dire perché devo votare lui, adesso!”.
Quello
che mi ha un po’ rassicurata, in effetti, è stata la freddezza della piazza. Eh
sì: mi angosciavo pensando a un tifo da stadio,ricordando l’adorazione e i
sentimenti vibranti che c’erano nell’aria in occasione, ad esempio,del comizio
di Berlusconi. E invece, no: al silenzio attento spesso ha seguito altrettanto
silenzio o qualche applauso (le invocazioni per la gogna per l’attuale
classe politica non contano, lì anche la mia pancia ha reagito).
Cosa vorrà
dire? Essendo io solo una semplice osservatrice, ed essendo interessata più
alla comunicazione e alla gente che ai pronostici elettorali, passo la mano: ma
non è necessario essere un fine statista per capire che il numero dei voti
finali non corrisponderà alla quantità di persone viste ieri in piazza, anche
perché molti prediligono la Rete e lo streaming per seguire questi eventi,
altri sono dei semplici curiosi e quasi tutti hanno già deciso per chi votare
(o se votare).
La Sardegna grillina è una
“terra meravigliosa”, il solito “paradiso terrestre” da preservare, di gente
orgogliosa, di disperazione da mancanza di lavoro, eccetera (sui singoli
candidati locali non posso dirvi granchè, ma certamente ci saranno informazioni
in Rete).
E’ un eroe romantico, il nostro Beppe, e
anche qui sta il suo successo: poteva starsene a casa a “godersi la vecchiaia e
i nipotini” (cit.) e invece…invece eccolo qui, perché ha sentito che doveva
fare qualcosa, scendere in campo insomma. Un simpatizzante grillino dice “mi
piace la sua energia, non è da tutti a quell’età”, e ha ragione: rientra nel
suo personaggio, che in questo senso è molto più credibile di un Bersani che
temerariamente afferma “vi sbraniamo”, ottenendo l’effetto opposto.
Grillo è coerente, e dimostra che il tempo
del linguaggio politichese è finito: vince, anche e soprattutto, chi sa
comunicare meglio le sue idee e anche i problemi più immediati e urgenti,
perché per le soluzioni c’è tempo, pare (e io che pensavo il contrario, e cioè
che i problemi fossero chiari e si trattasse di trovare in fretta soluzioni
concrete!). Intanto, ha ricordato gli scandali immondi della finanza
controllata dai partiti, la disperazione della povertà che avanza, la gente che
gli chiede consiglio”come a S.Gennaro”…oh, io quando fa le battute mi annoio,
preferisco le cose sensate come il reddito di cittadinanza o l’importanza della
conoscenza, che è “come la religione”.
Certo, altri l’hanno detto, ma con spocchia palese, e una tale lontananza dagli
umori e dalla realtà dei cittadini per cui poi non c’è da stupirsi se vengono
battuti di cento lunghezze. Il MoVimento 5 Stelle ha ormai una piena dignità
politica, quindi non concordo con coloro che lo demoliscono tout court magari ricadendo nell’errore
tragico di considerare “inetti” i suoi elettori (vent’anni di berlusconismo non
ci hanno insegnato nulla?).
E’ una scorciatoia facile e perdente.
E’ vero che
gli italiani non “ne possono più”, in generale, e hanno bisogno di urlarlo,
perfino in Rete, ma è anche vero che proposte come la chiusura dei giornali “di
regime” o gli “espropri” hanno un peso politico enorme, e sarebbe bene che i
potenziali elettori le abbracciassero con convinzione, prendendosi la
responsabilità di cosa e chi stanno votando.
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