Cagliari, un indefinito
primo pomeriggio di febbraio. L’orario – le 15.30- non è dei più felici,
nonostante ciò c’è molta gente (almeno 2000 persone, forse più).
Un signore sui
65 anni (l’età media del pubblico ieri) esclama entusiasta “mi sembra di essere
tornato ai tempi della vecchia Dc…quando veniva Fanfani, per esempio, questa
sala si riempiva così…”. Io non vorrei deluderlo, ma anche per Renzi il Pala
Congressi di Cagliari era così pieno. Certo, lì era pieno di curiosi, qui di
aficionados del presidente del Consiglio e dei Riformatori, degli ex Pdl
confluiti in Scelta civica, quindi un vero esercito che sa come comportarsi.
E
che non delude: ci sono le bandiere tricolore, quelle dei Quattro Mori, gli
applausi entusiasti per il nuovo che avanza, cioè i consiglieri regionali e/o
assessori di lunghissimo corso che sono attualmente capilista per Monti in
Sardegna. Non è lo stesso tipo di pubblico della convention di Angelino Alfano,
per dire: non ci sono tacchi 12 nerovestiti e capelli piastrati, ma coppie di
mezz’età e pochi giovani, l’esatto contrario del pubblico grillino.
Mentre aspettiamo il
Presidente del Consiglio, sugli schermi scorrono le immagini della vita
pubblica e privata di Monti (posso dirlo? L’ho sempre trovata una cosa un po’
funerea, ma tant’è). Le vacanze in Engadina, a Venezia con la famiglia (della
serie: anche io sono uno di voi), ma
anche le sedute a Bruxelles (vedete che
l’Europa ci considera affidabili?), le dimissioni dal governo e la scelta
di “salire” in politica (era necessario
per portare a termine il salvataggio, non perché mi sia piaciuta l’esperienza,
eh!), perfino le vittorie dell’Italia alle Olimpiadi (pensandoci bene, potrebbe essere merito mio anche questo).
La convention è stata
aperta da Mario Sechi, il giornalista originario di Cabras, che in un
improvviso afflato poetico ha tirato fuori una serie di elementi (vogliamo
pure dire luoghi comuni?) che non mi aspettavo da uno esperto. La fierezza dei
sardi (questa sconosciuta?), la magia del paesaggio con il nuraghe che si
avvicina, forse spunta la luna del monte. Manca solo forza Kasteddu e siamo al completo. Pero'il pubblico
e'tiepido,della poesia non e'che gliene importi molto.
La sardita'secondo Sechi,
quindi, ma anche secondo Monti, che si “dispiace” di non essere sardo (e
perché?), spero almeno quanto di non essere calabrese, laziale, friulano, boh. Ma
io, si sa, essendo sarda (ma veramente, però, una che ci vive, in Sardegna), sono anche un po’ pibinca (pignola) e certe
cose le noto.
C’è la presentazione dei
candidati “di peso” che –come farà più volte Monti nel corso del suo
intervento- criticano aspramente il partito nel quale fino a poco tempo fa
militavano convintamente, con incisi tipo “abbiamo aderito perche'in certi
momenti la storia personale e'la storia del popolo a cui io appartengo” e
“vita,famiglia,educazione non sono valori negoziabili” (ah no? E io che pensavo
si potessero sostenere impunemente l’omicidio, lo stragismo, l’analfabetismo di
ritorno- ops, questo forse sì, in effetti!).
E poi, per usare le parole di
Sechi, “ecco, Presidente, la gioventù della Sardegna”, cioè i giovani che fanno
da sfondo, posizionandosi sul palco, e poco più. Vabbè.
Monti comincia col botto,
sprezzante del ridicolo, definendosi una “recluta della politica”. Segno
evidente, se mai ce ne fosse bisogno, che l’idea di “nuovo”, non contaminato,
di “inedito” in politica, può funzionare, o comunque bisogna provarci, a far
passare questo messaggio.
Il suo discorso è stato
piuttosto piatto e lungo, basato soprattutto sui “conti della serva”, a
dimostrazione che “abbiamo salvato l’Italia” (recita il volantino) e che solo
la concretezza paga (sulla Zona Franca in Sardegna bisogna essere realistici,
non fare promesse a caso, altrimenti “non la faranno franca”, humour inglese).
L’immagine è quella di un professore calmo, “molto educato” (sentito con le mie
orecchie da una ragazza), con sprazzi di vitalità e profezie oracolari sui
pericoli che deriverebbero da qualsiasi altra scelta politica. La platea
gradisce, anche quando vengono allontanati gli universitari che hanno accennato
a una fulminea protesta.
In mezzo al lungo discorso c’è spazio per la Sardegna,
questa isola misteriosa per la quale nessuno, mi è sembrato di capire finora,
sa bene cosa fare, ma intanto ci prova. Con i soldi del negoziato di Bruxelles
("un bilancio non annuale,ma settennale" che puo'cambiare un Paese) e
con gli investimenti del Qatar in Sardegna, che possono aiutare a
“de-stagionalizzare il turismo” (l’ha detto veramente).
E io, la Semplice
Osservatrice? il desiderio di andare ad ubriacarmi mi è venuto ogni qualvolta
che sono stati utilizzati stereotipi a caso, nell’ordine: Emilio Lussu,
Salvatore Cambosu, la tenacia dei sardi e infine “Fortza Paris”.
Si vede che sono una radical chic che bada troppo alla forma e poco alla
sostanza, forse. O forse sto andando in overdose. Salvatemi. Salviamoci!
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